Il viaggio continua, sempre in cerca,
sempre a voler raccontare e ricordare qualcosa di luoghi,
opere, persone e ombre.
Questa volta
tentiamo di pensare Milano da Hobart in
Tasmania, di vedere Parigi e l’Hôtel de Galliffet da Sydney e
da Melbourne, come osservatori dall'occhio sempre maledettamente milanese,
cercando tracce, lasciando segni.
«Appaesati», come direbbe Ernesto De
Martino, perché in fondo la nostra città è un paese, siamo in
cerca di orientamento, inevitabilmente disorientati, non spaesati dalla
pianta della nostra città radiocentrica
che nel corso del tempo si è allargata a macchia d'olio e,
come una ruota, gira su se stessa con l'obiettivo di diventare una vera
metropoli e al tempo stesso di restare paese vivibile.
«Se vogliamo che
tutto rimanga com'è bisogna che tutto cambi» diceva
Manfredi nel Gattopardo. Spinti dall'abitudine
ad ambientarci, per la nostra inevitabile, seppur provvisoria capacità di
insediamento, siamo alla ricerca di punti di riferimento in
ogni posto, delle coordinate che molti luoghi non presentano e che il
viaggiatore scopre anche con l'aiuto dell'immaginazione.
I luoghi da cui scrivo sono i luoghi di cui
scrivo, ma se a Milano narro di un posto lontano, visto e vissuto
soltanto pochi giorni prima, lo descrivo giocando con gli scherzi della
memoria.
È il luogo che ispira, di un'ispirazione
veicolata dall'influenza del punto di vista: guardare al di là,
dal proprio punto di vista e oltre il proprio punto di vista, è il
frutto della nostra abitudine milanese, qui oserei dire metropolitana,
tutt'altro che ristretta e provinciale, accogliente.
Più ci collochiamo nell’anima delle
cose, nel loro spirito, meno le vediamo. Ci soffermiamo sui dettagli anche a
costo di perdere il filo, in modo da ricordare perfettamente una scena di un
film, una pagina di un libro, ma non la trama, come fa il pittore preso dalla
rappresentazione.
Se lo sguardo è aldilà,
dall'altra parte del mondo, va considerato lo spazio che ci separa, ma
anche il tempo del luogo. Esistono luoghi lenti dove le tracce del cammino
restano sul terreno, sulla sabbia come a Bermagui e luoghi veloci
come Milano, dove i segni del nostro cammino si perdono, non restano.
Il movimento, il viaggio, però paradossalmente porta
a far scorrere il tempo più lentamente.
Difficile quindi osservare senza immaginare.
Il diario di viaggio, tra le righe della classificazione dei luoghi, dei
cibi, degli esseri viventi (uomini e insetti, animali e piante), delle coste,
rocce, arene, delle case, musei e monumenti, si riempie di sensazioni.
Il tentativo di classificazione scientifica,
diario delle esperienze di vita per non dimenticare, perché dopo una certa età non
ci si ricorda quel che abbiamo mangiato a pranzo, diviene un'avventura, una
mitologia.
Alighiero Boetti nel tentativo di
classificare i mille fiumi più lunghi del mondo, si accorge
che è impossibile misurare un fiume, perciò dedica mezza pagina
alla descrizione oggettiva del fiume e l'altra metà all'immaginazione.
Non possiamo non portare con noi, come
un’ombra, il nostro genius loci ed è proprio
alla scoperta di genius loci dell’altro
mondo che avviene quell’incontro tra spiritelli. Come non accoglierli con il
frutto dell’immaginazione, come non lasciare che plasmino la nostra forma mentis?
Inspirare lentamente per lasciarsi ispirare.
Il volo per l’Australia che fa scalo a Doha,
nel Qatar, è carico di volti intensi, pakistani, indiani, coreani,
donne e uomini soli, famiglie, bambini. La fisiognomica è una
pseudoscienza, è vero, ma osservare e
immaginare è tutt’uno, facce e modi di vita.
E alle 18 di un giorno di
luglio, d’inverno, Sydney dal vero, venticinque anni dopo, meno ricca, un po'
più vecchia, sempre scenografica con le sue baie.
Il confronto con Milano, consumata dal
fallimento degli opulenti anni ottanta perché non c’era più niente da
bere, allora mostrava Sydney come una città ricca,
nuova, positiva.
Milano ora rinnovata, più bella,
apparentemente più ricca, gode i benefici della ventata di vitalità degli
ultimi anni e compete.
Fili rossi
La Tasmania è quasi all’Antartide, un freddo cane. È il
trionfo della natura con baie, scogliere, foreste e la sede di un museo molto
interessante, il Mona (Museum of Old
and New Art), che si affaccia all’interno della profonda
insenatura sull’Oceano Pacifico, un Louisiana
di Copenaghen traslato.
Kiefer e Boltanski qui come all’Hangar Bicocca di Milano.
Kounellis al Mona e al Museo del Novecento.
La mostra
temporanea The Museum of
Everything rimanda al Musée de l’Art Brut di Losanna ma anche
allo spirito di Museo Teo. Everything infatti
si definisce l'unico museo itinerante al mondo per artisti
sconosciuti, spontanei e autodidatti del XIX, XX e XXI secolo.
Reti, fili rossi.
Pare che David Walsh il ricco proprietario
del Mona di Hobart non capisca nulla
di arte contemporanea, ma dopo una vincita spropositata alla lotteria di
Singapore, per non pagare le tasse, abbia messo in piedi questo spettacolare
spazio espositivo, per buona parte sotterraneo, con enormi pareti scavate nella
roccia. Abili curatori.
A Melbourne è la
città che trionfa, ma in grande agio con la natura: centinaia
di ettari di verde metropolitano.
A proposito di vincite milionarie il Casino
della Crown Tower è un immenso spazio sensorialmente infinito dove
gente di tutte le etnie e le classi, molte facce disperate, giocano d’azzardo
alla roulette, a poker, alle slot.
Aspetti della severa Australia English
Commonwealth.
Lontano, cercando di lasciare impronte più forti,
più sei solo e più affondano le orme. Le montagne di cinesi che
osservano ridendo gli uccelli pinguini che escono dall’oceano a Phillip Island
fanno meditare sul fenomeno del turismo di massa al cubo dell’ultimo decennio,
altra specie di impronte. Più cinesi che pinguini.
A Bermagui il tempo si ferma, da un grande
screen casalingo in una casa stile japan-bush con tre amici australiani vedo la
terra vista dalla luna ascoltando i Pink
Floyd,
spiriti ancora una volta, del tempo e del luogo, che invitano a fermarsi, ad
accasarsi. Fuori wallaby silenziosi e
rane cantanti.
Il tempo del sogno aborigeno rimanda
all’antica epoca della creazione del mondo. Tutt’altro che dreamtime.
Il mio diario è diverso da quello di chi sta vivendo la stessa
situazione.
Il viaggio continua.
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